**POV di Xaden**
«Portami a casa, per favore» sospirai. «E non fare soste per nessun motivo.»
Il mio autista annuì. «Sì, Principe Xaden.»
Era stata una giornata lunga, lunghissima… e non desideravo altro che tornare a casa e riposare.
Quella sera avevo incontrato l'ennesima figlia di un Alpha. In teoria, la ragazza era perfetta: vestita di tutto punto con abiti di primissima scelta, ben istruita sia sui doveri del branco che sulle regole dell'alta società, e sostenuta da un'impressionante stirpe di Alpha quasi degna della corona.
A detta di tutti, era la candidata ideale per diventare la Luna del Principe Alpha.
Ma… non provavo nulla per lei. Ogni parola che diceva, ogni mossa che faceva sembrava provata e riprovata.
Abbassai il finestrino. Mentre attraversavamo la capitale, superando un edificio dopo l'altro, l'aria fresca della sera mi aiutò a calmarmi. Non passò molto, tuttavia, prima che mi ritrovassi in una zona della città che non amavo particolarmente.
La Gabbia di Diamante. Il famoso bordello della capitale.
Era un luogo pieno solo di ubriaconi, pervertiti e guai… un posto che volevo evitare a ogni costo. Mi preparai ad alzare il finestrino quando, all'improvviso, fui investito da qualcosa. Il profumo più dolce e delizioso che avessi mai sentito mi avvolse… come qualcosa uscito da un sogno.
«Ferma l'auto» ordinai. «Adesso.»
Come da istruzioni, la vettura si arrestò bruscamente. Il divisorio si abbassò lentamente, rivelando il mio autista leggermente preoccupato. «Va… tutto bene, Vostra Altezza?»
Non gli badai.
A ogni costo, dovevo trovare la fonte di quel profumo meraviglioso. Sceso dall'auto, seguii la scia verso un vicolo buio e umido che correva dietro il bordello. E mentre scrutavo nell'oscurità, la trovai: una giovane donna terrorizzata, vestita modestamente con abiti semplici, circondata da un gruppo di ubriachi bellicosi.
Una prostituta? Impossibile.
Come poteva avere un profumo così buono?
Guardai quei disgraziati allungare le loro mani sporche verso di lei e vidi rosso. Prima di rendermene conto, urlai a pieni polmoni con tutta la forza che il mio sangue reale di Alpha poteva radunare: «LASCIATELA STARE!»
Vagamente, sentii uno degli uomini sbuffare. «Stammi lontano, eroe, e trovati la tua putt…»
«Aspetta. Riconosco quella faccia…» balbettò un altro.
«…Merda… t-tu sei…»
Mi avvicinai a loro e alla ragazza che avevano messo all'angolo, lanciando sguardi omicidi, provando un distorto senso di piacere nel vederli rannicchiarsi alla mia presenza. «Se tenete alla pelle» ringhiai, «sparite.»
E con ciò, fuggirono dal vicolo come i parassiti che erano. Volsi la mia attenzione alla ragazza.
«Lasciatemi… io non… voglio…» sussurrò lei.
«Cos’è successo?» incalzai. «Erano… tuoi clienti?»
Nel momento stesso in cui quelle parole lasciarono la mia bocca, fui travolto da un’ondata di imbarazzo e tensione. Non ero sicuro che fosse una domanda appropriata da fare a quella povera ragazza, ma più informazioni avessi avuto, meglio avrei potuto aiutare a risolvere la situazione.
Scosse la testa pigramente, in netto contrasto con la paura che le restava dipinta sul volto. «Non… qui… i-io non sono di qui…» biascicò, e capii che il problema era più grave di quanto potessi immaginare. «Qu-quel drink… aveva… aveva un sapore strano…»
Strinsi la mascella.
Questa ragazza era stata drogata.
«Non… non mi piace q-qui…» mormorò. Le lacrime iniziarono a sgorgare dai suoi occhi velati, e fui rapido ad avvolgere un braccio attorno al suo corpo tremante, incerto se fosse per confortarla o per tenerla saldamente in piedi. «V-voglio… andarmene… per favore…»
Non avevo bisogno di sentire altro.
La sollevai tra le braccia e la portai alla mia auto. «Non preoccuparti» dissi in tono rassicurante, adagiandola sul sedile in pelle e ignorando i commenti sorpresi del mio autista. «Andrà tutto bene. Dov'è casa tua?»
«È lontano… via da qui…» sussurrò.
«Guida fino all'albergo più vicino.»
Il mio autista parve momentaneamente stordito, ma si ricompose. «S-Sì, signore.»
Dire che il tragitto verso l'hotel fu il più lungo della mia vita sarebbe l'eufemismo del secolo.
Essere bloccato in uno spazio così ristretto durante un potente calore indotto dalla droga sembrava peggiorare le condizioni della ragazza. Si agitava in modo incontrollabile, piagnucolando, ansimando e gemendo per tutto il tempo, e il suo profumo carico di lussuria non faceva che intensificarsi. Qualcosa iniziò a smuoversi nel profondo dentro di me vedendola in quello stato… sentendo il suo odore in quel modo…
*Calmati, Xaden. Probabilmente sei solo preoccupato per lei.*
Presi un respiro. Dovevo concentrarmi.
Una volta giunti finalmente nella privacy della stanza d'albergo — ignorando gli sguardi incuriositi che il personale ci aveva rivolto salendo — la condussi al letto e la feci sedere. «Sarai al sicuro qui» dissi rigidamente. «Prenditi tutto il tempo che ti serve.»
«A-Aspetta.»
Quello era il massimo che potessi fare per aiutarla senza perdere ulteriormente il senno. Un solo istante in più e il suo profumo mi avrebbe spinto con le spalle al muro, cosa di cui nessuno dei due aveva bisogno in quel momento. Non ero disposto ad approfittarmi di lei, indipendentemente da quanto fossi stregato dalla sua presenza.
*Devo andarmene e chiudere la porta a chiave.*
«Ti auguro buona fortuna.» Avevo iniziato a dirigermi verso l'uscita quando una mano afferrò improvvisamente il mio braccio.
Mi guardò attraverso le lunghe ciglia scure, gli occhi neri e selvaggi di lussuria, eppure spalancati dalla paura e dalla confusione. Le sue mani tremanti si aggrappavano al mio braccio come se ne andasse della sua vita. «Cosa devo f-fare…?»
Perplesso, aggrottai la fronte. «Sei vergine?»
Il suo viso divenne rosso fuoco e annuì senza interrompere il contatto visivo né dire un'altra parola. Sentii una fitta immediata al petto — non potevo fare a meno di provare compassione per questa ragazza, per quanto sola e spaventata dovesse sentirsi. E, allo stesso tempo, ero incredibilmente attratto da lei — da quell'innocenza affascinante… quelle labbra rosa e sensuali e quella spolverata di lentiggini nascoste dietro capelli spettinati e stracci… l'oscuro desiderio che turbinava nei suoi occhi. L'avevo appena conosciuta ed era già così diversa da qualsiasi figlia di Alpha avessi mai incontrato.
Restare sarebbe stata una pessima idea, ma come potevo lasciarla sola in quel modo?
Contro il mio buon senso, mi sedetti accanto a lei. «Come ti chiami?» chiesi gentilmente.
«… Maeve…»
«Vuoi che ti aiuti a sentirti meglio?»
**POV di Maeve**
Aiuto?
Se fossi stata in me, forse avrei impiegato un minuto o due a considerare cosa significasse davvero. Ma non lo ero… e tutto ciò che sentivo era che avrei finalmente ricevuto il sollievo di cui avevo disperatamente bisogno... da qualcuno da cui ero magicamente attratta.
Non conoscevo quest'uomo, ma dal momento in cui l'avevo incontrato, avevo avuto la distinta sensazione che si sarebbe preso cura di me… che potevo fidarmi di lui. Sapevo che era diverso dagli ubriaconi che avevano cercato di approfittarsi di me.
Annuii con impazienza, dandogli il mio consenso e cedendo il controllo.
*Ti prego, fammi stare meglio—!*
Lui deglutì e fece un cenno brusco. «Va bene.»
Spostandosi più vicino a me, la sua mano forte scivolò delicatamente sotto la mia gonna. Il cuore mi martellava furiosamente nel petto — non ero sicura di cosa avesse intenzione di fare, eppure aprii le gambe per lui senza esitazione, il mio corpo consapevole di ciò di cui aveva bisogno prima ancora che lo fosse la mia mente.
«Brava ragazza» mormorò con voce roca. E poi spostò le dita laggiù.
«O-Oh…» Mi morsi il labbro, gemendo piano mentre mi toccava.
Qualunque cosa stesse facendo, era esattamente ciò di cui avevo bisogno e, allo stesso tempo, non era abbastanza. Volevo di più… e ancora di più. Nel secondo in cui quel pensiero mi attraversò la mente, due dita affondarono dentro di me.
Boccheggiai e istintivamente avvolsi la mano attorno al suo polso.
Il suo respiro caldo mi sfiorò la guancia. «Fidati di me» sussurrò, e io deglutii, sentendomi sempre più accaldata ogni secondo che passava. La mia presa si allentò appena, permettendogli di continuare, ma rimasi aggrappata a lui, guidandolo mentre mi dava piacere, e mi persi di nuovo.
Lui sospirò al mio orecchio. «Sei… sei bellissima…»
Proprio in quel momento, mi resi conto che un grande specchio si ergeva di fronte al letto. Guardandovi dentro, vidi una creatura ferina, una donna febbricitante e arrossata per un'eccitazione indomita. Che forza della natura sembrava essere… ma ne rimasi sconvolta.
Non conoscevo questa donna.
Non era quella che vedevo nel mio riflesso ogni giorno.
Senza fiato e rossa in viso, spostai lo sguardo sul riflesso di lui, che non sembrava riuscire a staccarmi gli occhi di dosso. I suoi occhi gentili e premurosi, che in origine erano di una bella sfumatura di verde, si trasformarono rapidamente in qualcosa di scuro e irriconoscibile davanti a me. E improvvisamente, nell'aria si diffuse un profumo dolce e piacevole che prima non c'era.
Mi voltai di scatto per fronteggiarlo.
«Strano…» mormorò, leccandosi le labbra mentre i suoi occhi — neri, intensi e vorticanti di desiderio — perforavano i miei. «Nessuno ha mai scatenato il mio calore prima d'ora, figuriamoci un'omega...»
«Sai una cosa — non ha importanza adesso» borbottò.
Fu tutto confuso. In qualche modo, finii sdraiata sulla schiena al centro del letto, con un uomo a torso nudo che incombeva su di me mentre mi sfilava lentamente la biancheria e la gettava di lato.
Una cintura fu slacciata. «Farò tutto ciò che è in mio potere per farti venire» giurò con ardore, con voce roca. «Ti fidi ancora di me, Maeve?» Probabilmente era inconscio da parte sua, ma il modo in cui pronunciò il mio nome… così pieno di passione e cura…
Mi sciolse.
Lasciai andare un sospiro. «S-Sì…»
Mi baciò, e non esistette più nulla all'infuori di noi due.
















