Rose POV Aspettai, ma nessuno venne; i visitatori entravano nel mio reparto per far visita ad altri pazienti, ma nessuno venne per me. Perfino Jane era sparita. Provai a chiamare Alex, ma non rispondeva. Gli mandai un messaggio, ma niente. Avrei preferito non essermi svegliata; avevo avuto la mia bambina, e l'attimo dopo non c'era più. La mia dolce bambina era sparita a causa di Evelyn. Piangevo così tanto che sentivo che le lacrime si sarebbero fermate, ma non lo fecero mai. Il mio cuore continuava a spezzarsi ogni volta che ricordavo la mia bambina, l'unica cosa che sentivo di avere. "Deve smetterla di piangere," disse il dottore, un uomo gentile probabilmente sulla sessantina, all'incirca della stessa età di mio padre, durante uno dei suoi giri di controllo. "La sua famiglia, sa che è qui?" Chiese, preoccupato, ero in ospedale da due giorni, ma nessuno era venuto. "Non ho una famiglia," Lo sguardo del dottore scivolò sulla fede nuziale al mio dito. Inconsciamente la coprii: "Mio marito è fuori dal paese; sarà qui non appena potrà," mentii. "Lei è pronta per essere dimessa, deve chiamare qualcuno che l'aiuti," disse il dottore gentilmente. "Ci sono io," disse una voce baritonale dalla porta, il mio cuore balzò di gioia al pensiero che Alex fosse finalmente arrivato. Il dottore si spostò per rivelare uno sconosciuto; mi fermai, aspetta, non sapevo chi fosse. "Firmerò io le carte per le dimissioni," disse l'alto sconosciuto al dottore. "Tornerò, tesoro," disse, prima di uscire con il dottore. "Tesoro? Eh?" Ero confusa, non avevo mai incontrato quell'uomo in tutta la mia vita. Ero consapevole che le persone stavano fissando, quindi non feci una scenata; probabilmente tutti pensavano che fossi caduta da un albero. Era bello avere finalmente qualcuno, ma a quale costo? Chi era quell'uomo? Mi chiesi. Pochi minuti dopo, l'uomo tornò nella stanza, poi si sedette accanto a me e tirò le tende per allontanare le orecchie indiscrete degli altri nella stanza. "So che si sta chiedendo chi io sia," disse l'uomo, regalandogli un mezzo sorriso. "Chi è lei e perché ha finto di essere mio marito?" Questa volta mi rivolse un sorriso pieno, e rimasi colpita da quanto fosse bello. "Mi chiamo Philip Hammond e sto per essere il suo cavaliere dall'armatura scintillante," disse, porgendomi la mano per una stretta. Diedi alle sue mani uno sguardo scettico e le ignorai. "Cosa le fa pensare che io abbia bisogno di essere salvata, signor Cavaliere?" Chiesi invece. Lui guardò la sua mano che avevo ignorato prima di ritirarla con una risatina. "So di suo marito Alex, di sua sorella, della sua famiglia e di quanto si senta infelice," disse, con uno sguardo comprensivo sul volto. "Come fa a sapere così tante cose e perché è qui?" "Voglio darle una via d'uscita, aiutarla a ricominciare e darle la vita che si merita." Lo fissai come se avesse due corna, faceva sul serio? "Darmi una vita migliore? Cosa le fa pensare che la seguirei? Non la conosco nemmeno," dissi in tono sommesso; sapevo che le persone stavano ascoltando e non volevo che si facessero i fatti miei. "Ha due opzioni: seguirmi e lasciarsi alle spalle questo casino, oppure rimanere e continuare nella sua miseria," disse, con un'espressione seria sul volto. "Non posso venire con lei, potrebbe essere un serial killer o un trafficante," risposi dicendo l'ovvio. Questo lo fece ridere, una risata profonda. Mi piacque la sua risata. "Se volessi ucciderla, non mi farei vedere in questo ospedale; non voglio ucciderla, voglio solo aiutarla." "Devo pensarci," risposi, ancora chiedendomi cosa stesse succedendo. "Non ha tutto il giorno, è appena stata dimessa," disse. Non potevo credere che stessi contemplando di andarmene con questo sconosciuto. Conoscevo a malapena quest'uomo, ed eccomi qui, a pensare di andare con lui. "Mi dispiace, non la conosco, non posso andarmene con lei," risposi finalmente. "Va bene," disse mentre si alzava in piedi, "ma nel caso cambiasse idea, questo è il mio biglietto da visita; sarò in città per le prossime cinque ore." Detto questo, mi fece un saluto prima di uscire, lasciandomi sbalordita. Raccolsi il biglietto ricamato in oro che aveva lasciato accanto a me. Philip Hammond, Skye Associates, San Francisco. Ciò significava che viveva a San Francisco e non a New York. Mi resi conto che non aveva mai risposto alla domanda su come mi conoscesse. Improvvisamente mi sentii assonnata; misi il biglietto in borsa prima di sdraiarmi. Dovevo aspettare solo qualche ora. Qualcuno sarebbe potuto venire per me, dovevano venire. Mi svegliai sentendo qualcuno che mi scrutava e si chinava su di me. "Meno male che è sveglia, signorina Rose," disse il gentile dottore di prima schiarendosi la gola. "Sembra che abbiamo confuso il suo referto. Pensiamo che sia ancora incinta, ma avremo bisogno di una ecografia per esserne certi." Smettei di ascoltare dopo "incinta" "Cosa ha detto?" Chiesi al dottore, ogni traccia di sonno sparita. "Pensiamo che fosse incinta di gemelli ma che ne abbia perso solo uno, ma l'altro è ancora lì." "Cosa!!" Esclamai, la mia gioia che rimbalzava dal mio corpo. "Come ho detto, possiamo esserne sicuri solo attraverso una ecografia, se ci segue, per favore." Fui portata in laboratorio e sentii il battito del cuore del mio bambino. Uno dei miei bambini era sopravvissuto e la mia gioia non conosceva limiti; dopotutto non ero sola. Ora avevo solo una cosa da fare. Mi cambiai dal camice ospedaliero, mi vestii e chiamai Philip. "Sono pronta, dove sei?" "Sono nel parcheggio dell'ospedale." "Non te ne sei andato?" "No, sapevo che avresti chiamato." Terminai la chiamata e mi diressi al parcheggio. Probabilmente ero pazza, ma ero pronta a correre dei rischi. Avevo chiuso con la mia famiglia e Alex. Era ora che vivessi un'altra vita.