Punto di vista di Andre
Sbattei le palpebre, incredulo. Isaac Davis si avvicinava a noi dal limitare del bosco, con un'espressione neutra dipinta sul volto. Un'andatura sfrontata, quasi a voler ostentare una calma che, ne ero certo, non provava.
"Ma che diavolo...?" esclamò Kate accanto a me, scioccata tanto quanto lo ero io. La sua presa sul mio braccio si allentò di un niente, e istintivamente indietreggiammo di un passo.
"Ehi, Isaac! Che c'è di nuovo? Sei arrivato giusto in tempo per il bello!", gli gridò uno dei ragazzi, con una gioia che mi rivoltò lo stomaco. L'idea che la sofferenza altrui potesse renderli felici era semplicemente rivoltante.
"Nah, ragazzi, mollate il colpo. Andiamo da Hugh", propose Isaac, con un tono fin troppo casual. "È tutta la sera che chiedono di voi. Mi hanno mandato a cercarvi."
Sapevo che era una bugia. Lo leggevo nel modo in cui spostava il peso da un piede all'altro, proprio come aveva fatto la sera prima nello spogliatoio, quando aveva negato la scossa che ci aveva attraversati dopo esserci sfiorati.
Anche i bulli sembravano accorgersi della sua menzogna. "Stronzate, Isaac! A Hugh non frega un cazzo di noi. Siamo noi i reietti. Qual è il tuo problema, amico?"
Kate si sporse verso il mio orecchio, sussurrandomi: "Andiamocene, ti prego". Ma io rimasi immobile. Mi tirò il braccio con insistenza, ma la ignorai, con lo sguardo che saettava tra Isaac e i suoi compagni, cercando di capire cosa sarebbe successo da lì a poco.
"Penso solo che ci siano modi migliori per passare un venerdì sera che prendersela con un branco di sfigati. Non credete?", rispose Isaac, sviando abilmente la domanda.
"Vaffanculo!", sibilò Kate, sputandogli quasi addosso. Mi affrettai a farle scudo con il mio corpo. I compagni di Isaac risero e fecero un altro paio di passi verso di noi. Il cuore mi balzò in gola quando uno di loro allungò una mano e le accarezzò i capelli. Lei si ritrasse con un sussulto, come se l'avessero schiaffeggiata, e gli respinse la mano con violenza.
"A scuola fai tanto la gatta morta, ma la lingua ce l'hai bella affilata, eh? Scommetto che potremmo zittirti in un secondo", le sussurrò uno dei suoi compagni, con un sorriso che prometteva guai. Kate emise un gemito strozzato, terrorizzata.
La paura si trasformò in rabbia in un istante. Mi feci avanti, piantandomi di fronte a quel giocatore di hockey, costringendomi a non cedere di un millimetro. "Mi piacerebbe vederti provarci."
Un istante prima che il suo pugno mi raggiungesse allo stomaco, una mano si frappose tra noi, bloccando il colpo. Isaac mi stava spingendo via, proprio come avevo fatto io con Kate. Persi l'equilibrio, barcollando all'indietro, e Kate mi afferrò per un braccio, sorreggendomi.
"Che diavolo fai, Davis?", sbraitò il giocatore di hockey, con gli occhi iniettati di sangue. Isaac, fisicamente più imponente del suo compagno, gli allontanò lentamente il pugno che ancora stringeva. L'altro ragazzo, che era rimasto in silenzio quasi da quando Isaac era arrivato, si fece avanti.
"Isaac, non vogliamo problemi."
"Allora vi consiglio di saltare su quel catorcio che vi ritrovate come macchina e sparire. Subito. E preparatevi a passare il resto della settimana in panchina durante gli allenamenti", ordinò Isaac con un tono così gelido da far paura. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
"Non lo faresti mai!", urlò l'altro, incredulo. Isaac lasciò andare il pugno del ragazzo e indicò il loro pick-up.
"In qualità di capitano della squadra di hockey, posso farlo eccome, e lo farò. Minacciare una ragazza non è il modo in cui rappresentiamo la squadra. Ora, sparite. Sono profondamente deluso da entrambi." Il tono di Isaac non ammetteva repliche.
Il primo ragazzo rimase lì, indeciso sul da farsi, mentre l'altro annuiva a Isaac e cominciava a indietreggiare lentamente verso il camion. Kate tentò di uscire da dietro di me, ma la bloccai, non volendo rischiare che si facessero di nuovo violenti. Alla fine, l'altro si liberò dalla presa di Isaac, sbuffò e si diresse verso il pick-up. Il motore ruggì mentre sgommavano fuori dal parco, sfrecciando verso il centro.
Era come se qualcuno mi avesse pugnalato a tradimento. Mi sentii sgonfiare, come un sacchetto di plastica abbandonato al vento, e caddi in ginocchio sull'erba. Il respiro si fece corto e affannoso, e le membra iniziarono a tremare. Sapevo cosa stava per succedere. No, Dio, non di nuovo. Non di fronte a Isaac e Kate.
"Andre! Stai bene? Calma, è tutto finito, siamo al sicuro", mi rassicurò Kate, inginocchiandosi accanto a me. Portai la testa tra le ginocchia, cercando di concentrarmi sul respiro. Non adesso. Ti prego, non qui, non adesso.
"Direi che la prima cosa che dovreste fare è ringraziarmi", sentii dire a Isaac. Kate sbuffò, incredula, e si alzò in piedi.
"Scusa? Non c'è proprio niente di cui ringraziarti, 'capitano della squadra di hockey'. Ti sbagli di grosso se pensi di essere migliore di noi."
"Quel 'capitano della squadra di hockey' vi ha appena salvato il culo a entrambi. Non dimenticare che, se non fossi intervenuto per salvare te e il tuo cagnolino, adesso vi trovereste in una situazione ben diversa", ribatté Isaac, con un tono tagliente.
"Cagnolino? Ma che dici? Andre non è il cagnolino di nessuno, tantomeno mio. E poi, solo perché l'hai messo alle strette nello spogliatoio ieri sera, non significa che valga meno di te. Anzi, potrei dire che sei spregevole quanto i tuoi compagni", sbottò Kate, furiosa.
Merda! No! Kate, non dovevi dirlo! Quante volte ti ho ripetuto che doveva restare un segreto?! Mi avevi promesso che non avresti detto niente a nessuno.
Alzai bruscamente la testa, lottando contro l'ondata di nausea che mi investì. Isaac mi fissava con la stessa rabbia che avevo visto la sera prima. Mi rannicchiai, terrorizzato.
"Gliel'hai detto?", mi chiese a denti stretti. Deglutii a fatica, preparandomi alla punizione che credevo di aver scampato per un pelo.
"Non ce n'è stato bisogno. Ti ho visto sgattaiolare fuori dal retro della pista di pattinaggio ieri sera, coglione. Ti credi furbo, forse?", rispose Kate prima che potessi aprire bocca.
Le narici di Isaac si dilatarono mentre le lanciava un'occhiataccia. "Senti, tu non hai visto niente, principessa."
"Principessa?", strillò Kate, avanzando verso di lui. Mi costrinsi ad alzarmi in piedi.
"Basta, vi prego", implorai con un filo di voce. La mia voce era debole e tremante. Si voltarono entrambi a guardarmi.
"Hai già dimenticato quello che ci siamo detti ieri sera, Andre?", mi chiese Isaac. Riuscivo a percepire la minaccia velata nelle sue parole.
"Non ti deve niente", urlò Kate. Ma noi la ignorammo, persi l'uno nello sguardo dell'altro.
Ed eccola di nuovo, quella sensazione, che si faceva strada dentro di me con la stessa forza che aveva avuto nello spogliatoio. Quel legame inspiegabile, che non riuscivo a comprendere. L'intensità era sconvolgente. Era come se non avessi rischiato di essere massacrato di botte in un parco. Tutto intorno a me si fece confuso e indistinto, tranne i suoi occhi blu, così profondi da far paura. Le braccia mi pendevano inerti lungo i fianchi e speravo di non apparire ridicolo.
"Ma che diavolo sta succedendo?", sentii dire a Kate, con un tono distante. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo. Ero intrappolato, come un ragno nella sua tela, incapace di fuggire, ma, allo stesso tempo, non sapevo nemmeno se lo desiderassi.
Capivo che anche Isaac provava la stessa cosa. Ma, a differenza della sera prima, non si tirò indietro. Questa volta, sostenne il mio sguardo, con un'espressione che mescolava confusione e stupore. Riuscivo quasi a leggere la domanda che si stava formando nella sua mente, forse perché era la stessa che mi stavo ponendo io.
Perché mi fai sentire così?
All'improvviso, i cellulari di tutti iniziarono a suonare all'unisono. Sbattei le palpebre, cercando di riprendermi, e l'incantesimo si ruppe. Isaac abbassò lo sguardo e aprì una mano, mostrandomi il mio cellulare appoggiato sul palmo. Non avevo idea di come o quando me l'avesse ripreso. Lo schermo si illuminò, inondato di notifiche. Allungai la mano e glielo strappai via.
"Oh... mio Dio!", esclamò Kate, con un misto di incredulità e orrore. Ci voltammo entrambi e la vedemmo fissare il suo telefono con gli occhi sbarrati. Portò lentamente una mano alla bocca, quasi a soffocare un grido.
"Che succede, Kate?", le chiesi, preoccupato. Non le avevo mai visto un'espressione simile. Il mio telefono continuava a vibrare, implorando la mia attenzione.
Lo sguardo di Kate scivolò lentamente dal telefono al volto di Isaac. Fui scioccato nel vedere una paura fredda e inequivocabile nei suoi occhi. Poi, girò il telefono verso di noi.
Era una foto di Isaac e Georgia Bailey. Era stata scattata subito dopo una partita di hockey. Isaac indossava ancora la divisa, era sudato e sorrideva a trentadue denti per la vittoria, senza dubbio. Georgia indossava la sua felpa e aveva i capelli raccolti in due trecce perfette. Avevano posato per la foto con cura e studiata perfezione, come sempre.
Ma la foto era stata ritoccata. In basso, con una calligrafia rossa e sgraziata, compariva la parola "stupratore", con una freccia che puntava al volto di Isaac. Sotto, la didascalia recitava: "@georgia_bailey: Immaginate di essere aggredite sessualmente dal capitano della squadra di hockey. Ragazze, state alla larga da questo individuo. È un pericolo per tutte."






