Mi riporto bruscamente alla realtà quando mi accorgo di essere scivolata in ricordi che ho etichettato come proibiti. "Allora, cosa vuoi adesso, patrigno?". Sento la sua lieve risata e non posso fare a meno di sentire un fremito nel petto per quel suono ricco. Riesco quasi a sentirne l'odore. Ricordo che odore aveva. Per Dio! È impresso nel mio cervello. È imbarazzante, ma posso ammettere di aver cercato quella fragranza in ogni uomo che ho frequentato da allora, senza successo. Apparteneva solo a Linc Tanner. Proprio come il mio stupido, stupido cuore. Menta, caffè scuro, qualcosa di oscuro e misterioso mescolato e un soffio di qualcosa di floreale e tuttavia straordinariamente maschile. Sentivo il suo profumo in casa prima ancora che arrivasse nella stanza in cui mi trovavo, con mia madre al suo braccio, gli occhi di onice scuro che cercavano i miei come una tempesta. "Preferisco 'Signor Tanner' a quel titolo di 'patrigno'. Mi fa sentire vecchio, e il modo in cui lo dici aggiunge una sfumatura perversa," dice dopo un momento. Il suo tono è leggero; è un rifiuto che ha usato più volte in passato quando lo chiamavo così come una sorta di ribellione infantile con grande sgomento di mia madre che insisteva affinché lo chiamassi con il suo nome o, peggio, papà. "Come ti pare," rispondo bruscamente. Odio dover pensare a mia madre o al periodo di quell'estate prima che partissi per l'università, quando dovetti stare con loro, e furono le settimane peggiori della mia vita in quella casa. "Sempre quel temperamento. È bello sapere che non sei cambiata molto, Ames cara," dice Linc con una leggera risata. Ma si sbaglia. Almeno spero di sì. Spero di essere cambiata abbastanza. Ma con il modo in cui il mio cuore sussulta ogni volta che mi chiama con quel soprannome in quel ricco tono baritonale, non posso essere sicura di essere cambiata molto, ed è imbarazzante. "Ho bisogno che tu mi dica perché hai chiamato, Linc. Lascia perdere tutta la storia del fatto che ti preoccupi per me e tutte quelle stronzate. So che mi tieni d'occhio. L'ho vista. Cosa vuoi?" La mia rabbia torna a proteggere il mio cuore sciocco; mi avvolge il petto come una morsa. Qualunque cosa abbia pagato alla donna che mi segue negli ultimi tre anni dovrebbe essere dimezzata. È terribile nel suo lavoro. Non cerca nemmeno di nascondersi. "Okay. Okay. Rinfodera gli artigli, tigre," dice Linc. Questa volta non c'è nessuna risatina. Non cerca nemmeno di negarlo. Mi fa arrabbiare ancora di più, ma mi mordo la lingua. Una volta che avrò sentito per cosa sta chiamando, parleremo di quella dannata guardia del corpo. "Ho bisogno che tu torni a casa per la tua pausa domani. I tuoi biglietti aerei sono pronti, tutto è a posto," dice Linc, la sua voce pericolosamente impostata e rigida, la mia bocca si apre e si chiude. Di nuovo, apro la bocca per dire qualcosa, ma non esce niente. Sono sbalordita. Non per il fatto che sappia l'esatta tempistica della mia pausa estiva, ma per la definitività e l'aria di autorità del suo tono. "Cosa!" Finalmente, urlo al telefono. "Di che cazzo stai parlando?! Non torno! Faresti meglio a dire che stai scherzando adesso!" Urlo al telefono. La cortesia sia dannata. Non mi interessa se Ashley può sentirmi. Non mi interessa se sono scortese. Ha perso la testa se pensa di potermi semplicemente comandare di tornare a New York così, dal nulla. Dopo tre interi anni senza contatti! Anche se sono stata io a dare il via alla regola del non contatto, questo non c'entra. "Lo farai e lo farai," dice Linc e la calma nella sua voce minaccia di spingermi al limite. Non ha alcun diritto! Non l'ho reso abbastanza chiaro! "Non so come dirlo gentilmente, Signor Tanner, ma non voglio assolutamente avere niente a che fare con lei. Mia madre è morta. Non è più qui. Non sono obbligata a sentirmi legata a lei perché non siamo parenti. Non torno a New York, e questo è definitivo," dico, respirando pesantemente. I miei occhi si socchiudono sul motivo floreale della mia trapunta e sento che potrei impazzire per il modo in cui il mio cuore sta correndo, lampi di ricordi proibiti che mi scorrono nella mente. Istantanee mentali di Linc che esce dalla lussuosa piscina a sfioro sul tetto della sua villa e la sua figura immacolata, spalle larghe e toniche, gambe lunghe e muscolose come tronchi d'albero, busto cesellato, io che mi nascondo dietro la porta della sala, lo guardo come una maniaca, l'acqua che gocciola sul suo petto peloso, serpeggiando nel suo ombelico, giù per i suoi slip con quel rigonfiamento evidente, e i suoi occhi scuri che catturano immediatamente i miei come se sapesse che ero lì da sempre, a guardarlo. Per grazia di Dio! "Amelia. Ascoltami," la voce prepotente di Linc mi interrompe e strappo la mia attenzione da quei dannati ricordi. Quell'estate è maledetta. Non riesco a pensare a quel periodo senza provare un sacco di sensi di colpa e la sensazione di risvegliarmi in qualcosa di più grande di me, in quegli sguardi rubati, fantasie e notti insonni in cui immaginavo come sarebbe stato condividere il letto di Linc invece di mia madre. Mi sentivo infida anche se io e mia madre non eravamo mai state particolarmente vicine. "No! Non torno e non puoi obbligarmi!" Urlo. "Amelia!" La voce infastidita di Linc mi riporta all'attenzione. Mi mordo la lingua. Stringendo il telefono in mano. Digrigno i denti per il fastidio. Non avevo piani specifici per le vacanze, anche se stavo pensando alle mie opzioni di tirocinio. Dato che sono al secondo anno, dovrei trascorrere la mia pausa estiva facendo uno stage presso qualsiasi azienda di architettura rispettabile che mi prenda. "È qualcosa che tua madre voleva," dice Linc, la sua voce che torna calma e composta. Certo. Continuerebbe a rovinare la mia vita anche quando non è più qui.