MICHAEL "Allora sei tu, il pivellino che si frequentava con mia sorella," disse Jacob, inchiodandomi con uno sguardo intenso. Quegli occhi verdi, penetranti, mi scrutavano da sotto le lunghe ciglia, arrivando a trapassarmi. Un brivido improvviso mi percorse la schiena. Mi mossi a disagio, squadrandolo in silenzio. Dovevo capire chi avevo di fronte. Era leggermente più alto di me, con una mascella forte, scolpita, e un naso affilato. I capelli neri, ribelli, gli ricadevano disordinatamente sulla fronte, superando le orecchie, ma senza arrivare a sfiorare le spalle. Non potei fare a meno di notare i muscoli che guizzavano sotto la maglietta, ad ogni suo movimento. Scommetto che ha un addome da urlo sotto quella t-shirt, pensai. "Che fai, resti lì impalato come un palo della luce o hai intenzione di dire qualcosa?" ringhiò Jacob. "Sii gentile, Jacob!" lo rimproverò Alison. Jacob non le diede retta, continuando a fissarmi. "Sarei molto più gentile se non ti avessi visto ficcare la lingua in gola a mia sorella. Hai una gran voglia di morire, per caso?" mi sibilò, fulminandomi con lo sguardo. Mi schiarii la gola. "Beh... io... ehm... stavo solo..." balbettai, sentendomi improvvisamente a disagio. Il suo atteggiamento cambiò di colpo. "Ma dai, ti sto prendendo in giro, amico. Alison mi ha raccontato tutto di te. Mi sembri a posto." Mi diede una pacca sulla spalla, stringendola leggermente. Le sue labbra si incurvarono in un sorrisetto malizioso, facendo comparire due fossette sulle guance. Il mio cuore accelerò all'improvviso e sentii il respiro farsi corto, mentre il suo calore si diffondeva nel mio corpo. Calmati, Michael, cerca di restare lucido. È solo un altro ragazzo come te. Mi ripetei mentalmente, cercando di darmi un contegno. Ma che diavolo mi prende? "Ricominciamo. Sono Jacob, il fratello maggiore di Alison. Piacere di conoscerti, Michael. O preferisci Mike?" Jacob inarcò le sopracciglia. "Ehm... sì... puoi chiamarmi Mike, se vuoi," mormorai, sentendomi stranamente in soggezione. "Ma tu odi quando ti chiamano Mike!" esclamò Alison. Mi ero dimenticato che fosse lì, accanto a me. Era vero, detestavo quel soprannome, ma stranamente, non mi sarebbe dispiaciuto sentirlo pronunciare da lui. Non capivo perché. Forse avevo qualche rotella fuori posto, o forse mi sentivo semplicemente intimidito. "Non importa," dissi, evitando lo sguardo sorpreso di Alison. "Dai, entriamo. Mamma e papà vi stanno aspettando," disse Jacob, invitandoci a seguirlo. La cena andò bene. I suoi genitori, Ellen e Jonathan, mi accolsero a braccia aperte e riuscii a non fare figuracce. Jacob rimase piuttosto silenzioso. Lo guardai di sottecchi un paio di volte, quando non se ne accorgeva. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, mi sorrideva e sentivo le orecchie avvampare. Mi sentivo strano, irrequieto, e avevo bisogno di capire cosa mi stesse succedendo. Jacob si alzò da tavola, una volta finito di mangiare. "Bene ragazzi, è stato un piacere, ma ora devo scappare," disse. "Te ne vai già?" mi scappò detto, per poi tossire, cercando di mascherare l'entusiasmo nella mia voce. "Già. Ho un appuntamento e sono già in ritardo, quindi ciao," rispose, con un sorriso sardonico. "Un appuntamento? Con chi?" chiese Alison, con gli occhi che le brillavano di curiosità. Anche io ero ansioso di saperlo, così lo fissai, aspettando la sua risposta. "Con un tipo da urlo che ho conosciuto al bar la settimana scorsa. Appena laureato in medicina. Un vero daddy," ridacchiò Jacob. Ah, quindi è gay, pensai. Per qualche ragione, non mi era sembrato il tipo. Ma in fondo, non ne capivo molto. "Vorrei che ti trovassi qualcuno di carino e che ti sistemassi, fratellone. Magari come ho fatto io con Michael." Alison mi guardò con affetto, sorridendomi. Ricambiai il sorriso, per poi tornare a guardare Jacob. Si passò una mano tra i capelli, sospirando. "Forse non sono fortunato come te," disse ad Alison, ma i suoi occhi rimasero fissi nei miei, e sentii quel calore familiare salirmi alle orecchie. "Comunque, a dopo ragazzi. Cercate di non cacciarvi nei guai," disse, facendomi l'occhiolino prima di andarsene. Lo seguii con lo sguardo, senza muovermi per un istante. "Eccolo di nuovo. A caccia della prossima preda," ridacchiò Alison. Mi guardò e socchiuse gli occhi, notando il mio silenzio. "Tutto bene? Sembri un po' turbato," chiese. Scossi la testa, risvegliandomi dal mio torpore. "Sì, tutto a posto. Quindi a Jacob piacciono gli uomini, eh?" "Già. Ha fatto coming out al liceo ed è sempre stato apertamente gay," rispose. "E i tuoi genitori non hanno problemi?" chiesi, guardandola con un'espressione interrogativa. Sono cresciuto in una famiglia religiosa, con genitori dalla mentalità piuttosto chiusa. Non sono esattamente entusiasti dell'omosessualità. "All'inizio sono rimasti scioccati. Jacob era stato molto bravo a nasconderlo, quindi è stata una sorpresa, ma poi hanno imparato ad accettarlo. Vogliono bene a loro figlio, e io voglio bene a mio fratello." Alison sorrise. "Perché me lo chiedi? Hai qualche problema con il fatto che sia gay?" chiese, improvvisamente preoccupata. Scossi la testa. "No, no, assolutamente. Ero solo curioso. Quindi frequenta molti ragazzi?" chiesi. "Chissà. È sempre in giro a fare chissà cosa. Ma perché fai tutte queste domande su mio fratello?" chiese all'improvviso. "Niente, così. Forse voglio solo conoscerlo meglio, per diventare amici. Hai detto che dovrei farmi benvolere, no?" risposi, ridacchiando nervosamente. Alison mi fissò per un attimo, poi annuì, convinta. "Immagino tu abbia ragione. Magari potremmo uscire tutti e tre insieme, qualche volta." "Mi piacerebbe," mormorai. Sapevo di essere troppo curioso nei confronti di Jacob, ma non potevo farci niente. Per qualche ragione, volevo sapere sempre di più su di lui.