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Padre

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Autore: Winston. W

Capitolo 3: Attico
Autore: Winston. W
30 mag 2025
Zie "Che cazzo! Ferma 'sta macchina!" urlò Ashton, stampandomi una manata sulla spalla. Meno male che non c'era traffico, altrimenti ci saremmo già ammazzati. Non riesco a non sorridere di fronte a tanta esuberanza. Ma guarda il destino. Ashton è proprio quel tipo che avevo adocchiato sull'account secondario, quello che cercava un posto per la notte. Incontrarlo non era nei miei piani, ma poi Rex mi ha chiamato, chiedendomi un favore: andare a prendere questo tizio, perché un'emergenza in azienda gli aveva mandato tutto a puttane. Eccomi qua, a parargli il culo. Mai e poi mai avrei immaginato che il tipo da recuperare fosse proprio quello di Twitter. "Ashton, piantala!" sbottai, inchiodando di colpo. Appena ferma, Ashton si avventa sulla maniglia, ma la portiera è bloccata. Un sorriso furbo mi increspa le labbra. Lo vedo paonazzo, sull'orlo di una crisi isterica, e non so perché, ma la cosa mi diverte un mondo. "C-chi sei? Non sembri un rapitore... Scommetto che sei il boss della mafia russa, sbaglio? Che vuoi farmi? Ti prego, lasciami andare, ho solo diciassette anni e una vita davanti!" Sono quasi sul punto di strozzarmi dalle risate. "Ma che dici?" "Cosa c'è da ridere? Fammi scendere!" Mi rifila un altro pugno sulla spalla. Stavolta gli afferro il polso con una presa di ferro. "Calmati, Ashton. Ok, mi chiamo Zie Mendez. Tuo cognato Rex mi ha chiesto – anzi, ordinato – di venirti a prendere, perché ha un casino in azienda. Non voleva darti buca, ecco tutto." Cerco di spiegare. Sembra calmarsi. "Non dovevi disturbarti. Digli a Rex che apprezzo, ma apri 'sta portiera, voglio scendere." Dice, con un tono piatto, senza la minima emozione. Ma dai? E adesso se la prende pure? "So che ti serve un posto, Ash." Insisto, con calma. Sospira, come se si fosse appena reso conto di essere in un mare di guai. A guardarlo così, con quello zaino pieno di cianfrusaglie, sembra proprio scappato di casa. Ma perché mai uno dovrebbe scappare di casa? Qualunque sia la ragione, la scoprirò presto. Sembra uno straccio. Rimetto in moto e accendo la radio, per smorzare la tensione. "Seguimi," gli dico, una volta parcheggiato. Annuisce, in silenzio, e si accoda. Gli sfilo lo zaino dalle spalle e me lo carico io. All'inizio tenta di riprenderselo, ma gli sorrido e la sua mano si arrende. Non insiste. Tiro fuori le chiavi e apro il portone del mio attico. Una volta dentro, gli mollo lo zaino e gli indico la sua stanza. Si fionda subito in camera. Vado dritto in cucina e apro il frigo. Non so cosa gli piaccia, perciò decido di preparare un po' di tutto. Poi sceglierà lui. Sarà un'ora che armeggio tra i fornelli, quando decido di andare a chiamarlo per cena. Inciampo quasi sulla porta. Mando giù un groppo quando lo vedo in piedi, con indosso solo una t-shirt bianca e un paio di boxer larghi. Cristo santo, che bordata di ormoni! Non riesco a non immaginarmi Ashton sopra di me, a cavalcarmi come un dannato. Ma che cazzo mi salta in mente? Non è roba mia. Anche se... potrei sempre chiedere a Rex se me lo presta. "Mmm, che profumino! Cosa stai cucinando? Mi è venuta una fame..." Mormora, con un filo di voce. Mi strappo via da queste fantasie peccaminose. "Ah, quasi pronto. Ancora un minuto e potrai assaggiarmi... volevo dire, assaggiare." Lo stuzzico, voltandogli le spalle per controllare le pentole. "Posso darti una mano?" "Certo, apparecchia la tavola. Saresti di grande aiuto." Rispondo, e lui si mette subito all'opera. Lo spio con la coda dell'occhio, mentre sistema piatti e posate. Non posso fare a meno di sorridere. Quando è tutto pronto, Ashton si offre di recitare una preghiera. Annuisco, anche se non sono tipo da ringraziare il cielo prima di mangiare. Mi fa piacere vederlo apprezzare quello che ho preparato. "Ehm, posso farti una domanda?" Balbetta Ash. "Certo." "Come dovrei chiamarti?" Mi fa tenerezza. "Zie." Rispondo, e lui annuisce. "Ok. Quanti anni hai, Zie?" Non riesco a trattenere una risata. Sembra un piccolo detective alle prime armi. "Ne faccio trenta a ottobre." Sono sincero. "Davvero? Ti davo ventisette, massimo ventotto." Dice, sorpreso. Inarco un sopracciglio. "Beh, lo prendo come un complimento." Rispondo, incapace di cancellare il sorriso. Continua a farmi domande: dove ho studiato, che indirizzo ho scelto all'università, che lavoro faccio. Lo trovo spassoso, perciò rispondo con entusiasmo. Col passare dei minuti, l'atmosfera si fa più rilassata. Dopo cena, si offre di lavare i piatti. Cerco di dissuaderlo, ma insiste così tanto che alla fine cedo. Lo lascio fare, mentre io gli sto accanto, ad asciugare. Poi me ne vado in camera da letto, mentre Ashton resta lì, incantato davanti alla mia collezione di CD e vinili. Gli ho detto che ho tutte le ultime uscite. Appena entro nella penombra della mia stanza, mi sfilo i vestiti, mi avvolgo un asciugamano bianco intorno alla vita e mi chiudo in bagno. Mi immergo nella vasca e abbandono la testa sul bordo. Quando esco, trovo Ashton seduto sul letto, con in mano un CD. Noto il desiderio che gli brilla negli occhi, mentre mi scruta da capo a piedi. Allora mi balena un'idea. Gli volto le spalle e lascio cadere l'asciugamano, offrendogli una vista completa del mio lato B. Lo sento deglutire. Un sorriso malizioso mi increspa le labbra. Mi infilo lentamente un paio di boxer e raggiungo Ashton sul letto.

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