Ashton
Ero talmente rapito dal romanzo che non mi ero accorto che la sfilata stesse volgendo al termine, sembrava proprio l'ultima passerella. Un uomo corpulento, con una pancia prominente, si fece avanti ostentando un sorriso soddisfatto. Chi non lo sarebbe stato, con tutta quella folla accorsa, non solo gente comune, ma soprattutto ricchi signori?
Avevo appena finito il capitolo trentanovesimo e il prossimo sarebbe stato l'epilogo. Richiusi il libro e lo appoggiai di fronte a me, rimandando la lettura al mio arrivo in penthouse. Mi limitai a osservare Sheri Lee, lo stilista, impegnato nel suo discorso celebrativo per il successo della serata.
All'improvviso, qualcuno si piazzò al mio fianco e sentii un braccio avvolgermi il collo. Istintivamente, mi voltai e vidi Zie accomodarsi sulla poltrona accanto alla mia, fingendo di ascoltare attentamente il discorso di Sheri Lee.
"Andiamo," disse Zie, congedandosi.
"M-ma la sfilata non è ancora finita," protestai, sorpreso. Mi squadrò come se avessi detto un'eresia, inarcando un sopracciglio. Non potei fare altro che seguirlo fuori. In fondo, non mi importava che la sfilata non fosse ancora terminata, visto che non l'avevo seguita minimamente.
"Stuart, riportaci in penthouse," ordinò Zie al suo autista. Stuart annuì e salì in auto. Zie mi precedette, così lo seguii a ruota.
"Tutto bene, piccolo?" mi chiese Zie a metà tragitto.
"Sì, tutto bene. Com'è stata la sfilata?" gli domandai, era la prima volta che assistevo a un evento di moda dal vivo.
"Tsk, perché non hai guardato? Lo sai che indossavo solo un jockstrap?" mi stuzzicò, facendomi arrossire al solo pensiero. Quasi mi pentii di non averlo guardato, anche se avevo già ammirato il suo corpo nudo in altre occasioni. Il resto del viaggio trascorse in un silenzio piacevole, fino a quando l'auto non si fermò davanti alla penthouse. Zie scese per primo e, quando stavo per aprire la portiera, mi precedette, aprendola per me. Gli rivolsi un sorriso grato.
Entrammo nell'ascensore e Zie premette il pulsante dell'ultimo piano. Dopo pochi istanti, le porte si aprirono. Appena varcata la soglia della penthouse, rimasi senza fiato di fronte alla bellezza del salotto.
Al centro della stanza, un tavolo imbandito con ogni sorta di prelibatezze e dolciumi. Poco distante, un pianoforte a coda faceva bella mostra di sé. Sembrava che la penthouse fosse stata completamente rinnovata, tanto che per un attimo ebbi l'impressione di aver sbagliato appartamento. L'arredamento era squisito, con quadri alle pareti e ampie vetrate che offrivano una vista mozzafiato sulla città. L'illuminazione soffusa creava un'atmosfera intima e romantica.
"È meraviglioso," riuscii a sussurrare, esprimendo con un'unica parola l'incanto che mi aveva pervaso, mentre rivolgevo a Zie un sorriso radioso.
"Sono felice che ti piaccia," rispose Zie, baciandomi sulla guancia. Si avvicinò al tavolo e accese le candele che lo decoravano. Io, invece, mi diressi verso il pianoforte. Un velo di malinconia adombrò il mio sorriso, mentre i ricordi affioravano alla mente. Quando vivevo ancora a casa, suonavo il pianoforte in chiesa ogni domenica, o in occasione di particolari celebrazioni. Ero uno dei ragazzi che la parrocchia aveva formato come musicista e cantante.
Facevo anche parte del coro. Ricordavo ancora i sorrisi orgogliosi dei miei genitori ogni volta che mi esibivo in chiesa. Era triste pensare che non avrei più potuto rivivere quelle emozioni, che non avrei più rivisto i loro sorrisi. Non avrei più avuto la possibilità di chiedere loro se gli mancavo. Perché loro mancavano terribilmente a me. Mi mancavano i miei genitori, nonostante tutto il male che mio padre mi aveva fatto.
"Ehi, tutto bene? C'è qualcosa che non va?" mi sussurrò Zie, notando le lacrime che avevano iniziato a rigarmi il viso. Le asciugai rapidamente, sforzandomi di sorridergli per rassicurarlo.
"S-sì, tutto a posto," risposi, abbozzando un sorriso.
"Sai suonare il pianoforte?" mi chiese.
"Un pochino," ammisi.
"Ti andrebbe di suonare qualcosa per me? Mi piacerebbe sentirti, ma magari più tardi. Prima mangiamo," propose Zie, avvicinandosi. Ci sedemmo a tavola. L'atmosfera era così romantica... Mi sentivo incredibilmente fortunato a poter vivere esperienze che prima avevo solo sognato guardando le serie TV.
"Grazie, Zie," dissi con sincerità. Non so quante volte gliel'avessi già detto, ma non mi sarei mai stancato di ripeterlo. Gli ero grato perché, pur non conoscendomi affatto, si era fidato di me e mi aveva aiutato. Non so cosa avrei fatto o dove sarei finito se non fosse stato per lui.
"Per cosa?" chiese, confuso.
"Per tutto," risposi, sorridendogli. Ricambiò il sorriso, ma non aggiunse altro.
La cena trascorse in un silenzio sereno e complice. Sembrava che entrambi provassimo le stesse emozioni, senza bisogno di esprimerle a parole. I suoi gesti premurosi erano sufficienti a farmi capire quanto tenesse a me.
"A proposito, domani mattina qualcuno verrà a prenderti qui, preparati, ok?" mi informò Zie. Non potei fare a meno di chiedermi chi fosse e perché. Zie notò la mia espressione interrogativa.
"Non ti sto cacciando via, piccolo. Devo partecipare a un evento e, come abbiamo concordato, sarai il mio accompagnatore. Per questo voglio che tu sia pronto per domani," spiegò, ridacchiando mentre versava un po' di vino nel suo calice.
"Che tipo di evento?" chiesi, incuriosito. Aveva in programma un'altra sfilata?
"Lo scoprirai domani," rispose Zie, con un tono malizioso che mi frustrava.
"Mmh, almeno un indizio?" insistetti.
"Beh, diciamo qualcosa di... piccante," sussurrò Zie, con una voce così bassa da farmi venire la pelle d'oca. Qualcosa di piccante? A quale evento si riferiva? Mille pensieri iniziarono ad affollare la mia mente. Qualunque cosa avesse in mente Zie, dovevo prepararmi a tutto.
















